L’oro rischia un nuovo crollo? La profezia di Soros e l’inflazione mancata

Dopo il crollo delle quotazioni dell’oro al quale abbiamo assistito una settimana fa, con il peggior ribasso giornaliero (-9,3%) dal 1983, è seguito un timido rimbalzo del metallo giallo. Ma gli investitori e i risparmiatori, secondo buona parte degli analisti, è bene che non si facciano troppe illusioni: la tendenza “orso” del metallo prezioso potrebbe essere tutt’altro che conclusa. Una discesa di cui sono convinte alcune agenzie, da Goldman a Citi, che hanno rivisto al ribasso le stime di crescita del metallo prezioso. Tanto che le stime più “catastrofiche” vedono minimi sui mille dollari l’oncia entro i prossimi due anni.

 

Non è più un bene rifugio
C’è insomma il rischio che la débacle del metallo giallo prosegua. Anche perché, come ha sottolineato all’inizio di aprile George Soros in quella che per molti è diventata una profezia, l’oro negli ultimi due anni non è più un bene rifugio. Non assolve alla funzione di “safe haven”, di porto sicuro: in alcuni periodi ha mostrato una correlazione positiva con gli asset teoricamente più rischiosi, come l’azionario. Anche se adesso, in occasione del crollo del metallo giallo, le Borse si sono comportate in maniera differente: non hanno fatto una piega. Così come il metallo giallo non ha fatto una piega all’annuncio del quantitative easing di Tokyo. «Quello che incuriosisce particolarmente – riflette Alessandro Fugnoli di Kairos – è che l’oro non abbia reagito all’annuncio di volere raddoppiare la base monetaria giapponese nei prossimi due anni. Ma se non si compra oro adesso, viene a noi da domandare, quando mai lo si comprerà»?
Le Borse ri schiano una correzione?
E’ proprio la saltuaria correlazione tra oro e listini che fa correre un brivido lungo la schiena di alcuni analisti: se è vero che il metallo giallo si comporta a tratti come l’azionario, non è che una correzione degli indici (guarda caso siamo quasi all’inizio di maggio, il mese del sell in mey end go away secondo un antico adagio) sia alle porte? “Al di la del segnale che la debacle dell’oro e la debolezza delle commodities danno sullo stato dell’economia globale – sottolinea Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia – una volatilità del genere ha diverse vie per trasmettersi alle altre asset class. la debolezza impatta i settori azionari interessati, impatta sulle valute dei paesi esportatori, e sui loro indici». Inoltre, se la selvaggia liquidazione delle posizioni sull’oro fosse un sintomo di qualche grosso investitore nei guai, si può arrivare secondo Sersale alla «liquidazione di asset che non hanno fatto alcun male, se non essere in un portafoglio da liquidare”.

 

Niente inflazione? Niente oro
Una delle classiche funzioni dell’oro è quella di coprirsi dal rischio inflazione. E infatti, come sintetizza George Authers sulle colonne del Financial Times, il declino del metallo giallo si deve al fatto che gli investitori non temono più che le banche centrali facciano rivivere l’inflazione. Anzi, ora quello che si teme è una stagnazione dell’economia mondiale. “C’erano grandi timori che la politica monetaria aggressiva delle banche centrali spingesse in alto l’inflazione – nota Kit Juckes, global strategist di Societe Generale a Londra – ma il fatto che siamo a metà 2013 e nulla di questo sia accaduto è stato abbastanza per creare una correzione sproporzionata dei preui dell’oro“.
Forse aveva ragione un’altro “profeta”, Neal Soss (ex economista della Fed), che a fine 2009 aveva ragionato in questi termini: fino al 2015 circa prevarrà un contesto deflazionistico al quale le banche centrali cercheranno di opporsi energicamente senza peraltro generare inflazione. Inoltre, il fatto che le banche centrali (in particolare la Bee) abbiano al momento scongiurato una crisi sistemica, allontana ulteriormente gli investitori dal metallo giallo.
Ma la maxiliquidità delle banche centrali arriva dall ‘economia reale?
Ultima riflessione: non può non colpire, in un periodo di espansione dei bilanci delle banche centrali (alcuni in maniera selvaggia, con la solita eccezione della Bce) che metalli preziosi, commodities e rendimenti dei band facciano tutti assieme minimi di periodo. ” l ‘indicazione che se ne ricava – nota ancora Sersale – è che la moneta iniettata nel sistema, ben lungi dal circolare nelle economie stimolando la crescita, va a gonfiare bolle negli asset finanziari liquidi”. Bolle che prima o poi rischiano di scoppiare.

Fonte: Il Sole 24 ORE Finanza & Mercati

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